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PARIGI – ROUBAIX “IL SOGNO DI OGNI CORRIDORE”: A TU PER TU CON ANDREA TAFI

Pubblicato il 6 Aprile 2016 in preparazione-gara
PARIGI – ROUBAIX “IL SOGNO DI OGNI CORRIDORE”: A TU PER TU CON ANDREA TAFI con Bike Division

L’ex campione toscano ci mette a disposizione le sue esperienze ed i ricordi legati alla classica del pavé per eccellenza. Quando si parla di Parigi – Roubaix è impossibile non pensare all’ultimo grande corridore italiano che ha fatto sua la cosiddetta “Regina delle Classiche” o “Inferno del Nord”, Andrea Tafi. Lo abbiamo intervistato per voi

L’ex campione toscano ci mette a disposizione le sue esperienze ed i ricordi legati alla classica del pavé per eccellenza.


Quando si parla di Parigi – Roubaix è impossibile non pensare all’ultimo grande corridore italiano che ha fatto sua la cosiddetta “Regina delle Classiche” o “Inferno del Nord”, Andrea Tafi. Lo abbiamo intervistato per voi:

1-      Andrea, ogni anno quando si avvicinano le Classiche, provi un po’ di nostalgia?

Ma quale nostalgia! Sinceramente so di aver concluso la mia carriera quando ormai avevo già dato tanto al ciclismo. Per questo non ho nessun tipo di rimpianto. Più che altro in questo periodo è come se rivivessi l’entusiasmo di quando correvo, la stessa grinta che saliva quando aprile era alle porte.

2-      Quali sono le caratteristiche che rendono tale un corridore da Roubaix ?

Innanzitutto occorre amare fortemente il pavé, così come aver piacere di gareggiare in quelle strade. La motivazione è al primo posto. Inoltre per essere definiti corridori da pavé è importante avere una certa “stazza” fisica e un’ottima scaltrezza per giostrarsi bene tra le schiene d’asino. La combinazione di tutti questi elementi porta ad essere uno dei protagonisti di una corsa del genere.

3-      Quanto conta una pedalata rotonda in una corsa come questa?

È fondamentale! Permette una minore dispersione di energia tra le pietre. Ma questo è possibile soltanto se non si ha paura del pavé. Bisogna affrontare il pavé con grande determinazione, sfidarlo, aggredirlo, solo così si riesce a “domarlo”, in un certo senso.

4-      Quali modifiche apportavi alla bici e qual è la pressione ideale per le gomme?

Beh le gomme logicamente vanno gonfiate ad un massimo di 6 e mezzo o 7! Ma mai troppo poco: i settori iniziano dopo 100 km, e bisogna arrivarci senza aver speso troppo. E poi tutto varia a seconda delle condizioni meteo. Per riuscire a spingere un po’ di più mettevo il carro arretrato, poi aggiungevo al manubrio un nastro ulteriore per attutire le vibrazioni. Per il resto in sella alla mia Colnago C40 di problemi non ne avevo. Infatti come diceva Ernesto (Colnago n.d.r.) quella bici era perfetta per il pavé.

5-      Passando ad un aspetto più emozionale, che atmosfera aleggia intorno alla Roubaix?

L’atmosfera la diceva lunga sulla passione che i belgi ed i francesi hanno per la bicicletta. È qualcosa di veramente eccezionale. La corsa è seguitissima e dalle migliaia di persone che affollano quelle strade si capisce quanto grande sia, per costoro, l’amore per il ciclismo.

6-      A cosa pensava quando attaccava e quali sensazioni le emergevano?

Questo dipendeva sempre dalle gambe: se stavo male era un calvario, la Roubaix diventava un vero inferno. È logico che i momenti più belli li ho gustati quando la gamba rispondeva bene al pavé e riuscivo a fare la differenza.

7-      L’entrata nella foresta di Aremberg, simbolo della Roubaix, che effetto ti faceva?

Aremberg è il primo vero settore in cui si fa selezione e si spezza la corsa, dove se non si può capire ancora  chi la vince, sicuramente si capisce chi non la vincerà. Non puoi assolutamente  permetterti cali di concentrazione, perché una classica è una classica: il momento buono, come quello che ti fa perdere la corsa può arrivare da un momento all’altro. Il pavé è davvero duro e niente è lasciato al caso.

8-      È vero, come dicono alcuni, che l’Inferno del Nord è la corsa più dura nonostante il dislivello di scarsa rilevanza?

Tanto se si chiama Regina delle Classiche ci sarà pure un motivo: per me è la corsa più “dura”, “affascinante” ed “unica” del panorama ciclistico internazionale. E poi, su di questo posso mettere la mano sul fuoco, è la corsa che ogni corridore vorrebbe accantonare in bacheca. Ed io sono uno di quelli che ce l’ha fatta.

9-      Qual è il tuo ricordo più bello della Parigi – Roubaix?

Sicuramente la combinazione di sacrifici e risultati. Il gran lavoro così come i sacrifici che facevo nei mesi invernali, da dicembre a marzo veniva internamente ripagato dalla condizione che avevo poi nel mese di aprile. Ma soprattutto la consapevolezza che non si vince una corsa come questa per caso, mi riempiva il cuore di gioia.

10-   Che consigli ti senti di dare ad un appassionato che per la prima volta affronta le “schiene d’asino” tipiche della Roubaix Challenge?

Ve lo dirò sabato mattina alla partenza !! A parte scherzi, come ho detto prima, occorre imparare ad amarlo per affrontarlo, non aver paura di pedalarci sopra, avere la giusta pressione delle gomme, alimentarsi bene e utilizzare materiali tecnici di buona fattura se dovesse piovere . Inoltre, lo dico da ex professionista, la cosa più bella che un amatore potrebbe fare è condividere con noi, prof ed ex prof, le emozioni e le sensazioni che una corsa tale ti lascia dentro. È davvero gratificante per entrambe le parti! Invito tutti a farlo!

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A presto!
Bike Division Staff

 

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