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L’allenamento in altitudine: Effetti e strategie per un'ottima performance

Pubblicato il 21 Luglio 2016 in preparazione-gara
L’allenamento in altitudine: Effetti e strategie per un'ottima performance con Bike Division

Negli ultimi anni è diventata routine. Che sia Dicembre o Gennaio, Aprile o qualsiasi altro mese si va in quota ad allenarsi, sopratutto i professionisti. Scopriamo, grazie alla chiaccherata fatta con il DottMarco gervasi, tutti i benefici dell'altura e come questa va gestita.

L’allenamento in altitudine: effetti e strategie per un'ottima performance

Negli ultimi anni è diventata routine. Che sia Dicembre o Gennaio, Aprile o qualsiasi altro mese si va in quota ad allenarsi, sopratutto i professionisti. Scopriamo, grazie alla chiaccherata fatta con il Dott. Marco Gervasi, tutti i benefici dell'altura e come questa va gestita.

L’allenamento in altitudine è una strategia comunemente utilizzata per migliorare la performance a livello del mare negli atleti di endurance. In questi sport infatti, al di là dei fattori psicologici (come la motivazione), la performance, dipende sostanzialmente da fattori biomeccanici e fisiologici. L'economia di corsa ad esempio o la tecnica di pedalata quindi il rendimento biomeccanico del gesto tecnico, il massimo consumo di ossigeno (VO 2 max) e la soglia anaerobica (SA) sono parametri altamente predittivi dei cambiamenti della performance.

Non a caso, gli atleti di endurance di alto livello effettuano buona parte dei loro allenamenti ad intensità corrispondenti alla Soglia anaerobica o allo stesso VO 2 max. L'allenamento a "media altitudine", cioè fino a circa 2.500 metri sul livello del mare, (s.l.m.) influisce su tutti i fattori fisiologici della prestazione di endurance. E’ stato infatti dimostrato che allenamenti a moderata altitudine della durata di 20-30 giorni incrementano il VO2max a livello del mare anche di circa il 3% in più rispetto all'aumento determinato dallo stesso protocollo di allenamento effettuato a livello del mare. Alcuni famosi studi scientifici (Levine B. D. 1997) hanno dimostrato che si possono trarre benefici, anche superiori se, durante il periodo di training in altitudine, si effettua Il soggiorno a quote elevate (anche 3000 m s.l.m.) e gli allenamenti a quote sensibilmente ridotte (1200 m s.l.m.). In questo modo gli atleti riescono ad allenarsi ad alta intensità pur mantenendo gli effetti della media quota "Living high-training low".
 
Dal punto di vista fisiologico il massimo consumo di ossigeno è determinato sia da fattori periferici (estrazione di ossigeno) che da quelli centrali (gittata sistolica (GS) e frequenza cardiaca (FC)). Rispetto al suo valore di pre-allenamento la capacità di estrazione dell’ossigeno, che dipende dalla concentrazione plasmatica di emoglobina [Hb], è potenziata dall'allenamento in altitudine, infatti la massa dell’emoglobina totale, dopo allenamento in quota, risulta circa il 3% più elevata rispetto a livello del mare. Tuttavia, è stato dimostrato che questo aumento non spiega, da solo, l’intero incremento del VO2max, il che suggerisce che altri fattori non periferici siano coinvolti nel maggior aumento del VO2max a livello del mare in seguito ad allenamento in altura.

Entrambi i fattori centrali che sostengono il consumo di ossigeno subiscono degli aggiustamenti durante l'esposizione a moderata altitudine. E' noto infatti che a circa 2000 m s.l.m. e soprattutto nelle prime settimane, la FC a riposo e durante esercizio è più elevata rispetto al suo valore a livello del mare. inoltre sempre durante le prime settimane l'esposizione a moderata altitudine riduce la GS durante l'esercizio. Tale effetto è probabilmente dovuto da una riduzione del volume plasmatico che si registra con l'esposizione ad alta quota e che implica un minor ritorno venoso al cuore.

Tuttavia, Importanti studi scientifici come quello Svedenhag e Saltin (1997) hanno dimostrato che l’allenamento a moderata altitudine, già 10 giorni dopo il ritorno al livello del mare aumenta il volume plasmatico del 6,6% in più rispetto alle condizioni pre-allenamento giustificando un conseguente aumento della GS a riposo. A conferma di quanto appena detto anche lo studio di Polizzi e colleghi (2014) dimostra che questo aumento del volume plasmatico ha degli effetti sul ritorno venoso e sul precarico con un aumento del volume delle pareti del cuore. Inoltre lo stesso studio dimostra che a seguito di un mese di allenamenti a 2000 m s.l.m. le intensità di corsa alle soglie lattacide come la Dmax e la soglia fissa delle 4 mml/L subiscono sensibili miglioramenti del 5.1% e del 4% rispettivamente.


Articolo a cura di:

Marco Gervasi Ph.D.
Dipartimento di Scienze Biomolecolari (DiSB) 
Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
Sezione di Scienze Motorie e della Salute
Laboratorio di Valutazione Funzionale e Biomeccanica
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Articolo estratto da:

Polizzi G. et al.: Pilot study on cardiac and metabolic responses to moderate-altitude endurance training in middle-distance runners MED SPORT 2014;67:633-41
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